Intervista al Maestro Joythimayananda, pochi giorni prima dell’inaugurazione del 01 Aprile 2018
D: Maestro, come è nata l’idea di costruire un tempio, e quando?
Costruire un tempio è stato per me portare a compimento un dovere.
Costruire un tempio significa costruirlo per il mondo, per tutti, per tutti quelli che vorranno partecipare. Partecipare a questo evento è un dono significativo. E farlo tutti insieme significa arricchire l’energia collettiva umana.
Non mi è nata l’idea nella testa. Mi è nata una sensazione nel cuore. Fin da vent’anni fa, sentivo dentro di me, dentro il mio cuore, questa sensazione: che dovevo costruire un tempio qui in Italia.
Una decina d’anni fa ho avuto la possibilità di aprire l’ashram qui a Corinaldo, e anche questo per me era sentire un dovere. Poi, da tre anni a questa parte, ho iniziato a lavorare alla realizzazione del tempio all’interno dell’ashram.
D: Cosa significa costruire un tempio, Maestro? Qual è il suo significato profondo?
Costruire un tempio, o un ashram, è una contemplazione, è sadhana ovvero un atto spirituale per la contemplazione.
Il tempio è dedicato alla divinità Shiva, ed è l’unico Kovil (tempio) Shiva in Italia. Ce ne sono altri dedicati a Ghanesa, a Savona, ad esempio.
D: Mi parli di Shiva, Maestro.
Nella mitologia indiana ci sono tre divinità: Brahma, Vishnu e Shiva.
Brahma si riferisce alla nascita, Vishnu alla conservazione e alla protezione, Shiva unisce, Shiva annulla il Maya e unisce la verità e l’origine.
Shiva porta alla nostra origine. Mitologicamente ha due forme: una è quella della posizione della meditazione in cui si sta in silenzio, l’altra è lui che balla, che danza. Quindi cosa significa? In silenzio è un’energia potenziale, di ritiro, di meditazione, di stabilità, mentre, quando comincia a ballare, la sua è una danza cosmica, è la creazione dell’universo, è dinamicità. Quando è fermo unisce e quando danza espande, unisce ed espande: questo è il principio della vita. Shiva rappresenta il principio della vita.
Il tempio si chiama Joythiswar, Joythi significa Luce.
L’inaugurazione sarà il giorno di Pasqua, domenica 1 aprile, giorno della nascita e della rinascita, come riferimento per tutti per trovare la Luce e la Pace.
D: E un tempio è un po’ come una chiesa? Ci sono delle funzioni, dei riti, degli orari?
Sì, è come una chiesa. Normalmente un devoto può andare al tempio in qualunque momento e può fare la sua offerta, un’offerta devozionale, che può essere un saluto, dei fiori, della frutta, dei cibi, e così facendo il devoto si libera della sua pesantezza e delle sue complicazioni e riprende una buona energia, leggera e rilassata.
Il giorno dell’inaugurazione ci sarà il rito Kumbabisekam che significa dare alla divinità un potere e delle potenzialità attraverso questo rito. Una statua in metallo o in pietra riceve l’anima attraverso il rito. Dopo il rito il tempio e la statua diventano viventi.
Sarà un Kurukkal, come un sacerdote, una persona speciale che verrà dallo Sri Lanka, a fare questo rito, a dare la vita alla divinità.
Questo sarà il primo rito, poi continueremo a farne altri.
Innanzitutto ogni giorno si darà la Puja. Puja significa dare un’offerta, un atto sacro, un rituale: c’è una persona incaricata e autorizzata che tre volte al giorno o anche una, accende la luce o porta fiori o cibo, cantando un mantra.
D: Il tempio è piccolo, quindi si entrerà uno per volta?
No, non entra nessuno all’interno, eccetto la persona autorizzata per la Puja. Si cammina all’esterno e intorno, e da lontano si vede l’interno.
Di fronte al tempio porremo la statua Nandi, un toro: rappresenta l’anima dell’individuo. Essa vede sempre la divinità quindi vuole ritornare all’origine, l’anima dell’individuo vuole ritornare all’anima cosmica, questo è il significato di questo tempio.
Una lettera dedicata al tempio…
“Per una persona come me, all’inizio di un percorso spirituale vicino alla tradizione orientale induista, praticante yoga da poco più di un anno, essere presente all’inaugurazione del tempio a Shiva presso il Centro Joytinat di Corinaldo è stato un onore oltre che un piacere.
Vi ho preso parte invitata dal Maestro Joythimayananda, insieme al mio compagno.
Ho accettato questo invito non tanto per educazione, per piacere o per curiosità quanto perché il rito prevedeva dare la vita alla divinità, a Shiva.
Ho attraversato nella mia vita un lungo periodo di prove, anche estreme, alle quali sono sopravvissuta con tanti sforzi e tanta tenacia, in particolare negli ultimi due anni.
Ora, mi accingo a reimparare a vivere, a riscoprire la vita nei suoi molteplici, e tutti meravigliosi, aspetti.
Mi sono vista, in passato, come un fantasma, una persona che era meglio sparisse dalla circolazione, ho sentito il mio corpo alieno, a volte una gabbia.
E partecipare a questa inaugurazione ha significato per me trascendere il mio Io, il mio Ego, le mie esperienze personali, per distaccarmi ed elevarmi alla Vita, per connettermi con il mio vero Sè, quello interiore, dal quale mi sono troppo allontanata, radice vera, forse, delle problematiche e prove cui la vita mi ha sottoposta.
Quello che più mi ha colpita e ha risuonato in me, in un dialogo con il Maestro e con gli ashramiti, e che voglio qui ora riportare, è il significato di tempio e la generosità della comunità Joythimayananda a costruirne uno, dedicato a Shiva.
È molto semplice, più semplice di quello che si pensi. Talmente semplice che nelle complicazioni della vita e nella frenesia dei ritmi che ci impostiamo, ce lo siamo del tutto dimenticati.
È questo: l’essere umano è un tempio. Ciascun essere umano, ciascuna persona è un tempio.
Costruire un tempio “esteriore”, materiale, dedicato a una divinità, significa mostrare all’essere umano quanto si sia allontanato dal tempio che è lui stesso, il suo corpo. Il tempio, nella tradizione induista, è casa e corpo del divino disteso sulla terra. Esso dunque simboleggia l’Uno che si manifesta nelle varie forme. Il tempio diviene uno strumento di supporto per incanalare le proprie energie spirituali e accogliere quelle divine.
Da lunghi tempi la stragrande maggioranza delle persone cerca la divinità all’esterno, fuori da lui, andando in chiesa o in un tempio, pregando un Dio ultraterreno e diviso da se stesso.
In realtà, il nostro corpo è il tempio della nostra anima. È nel mio corpo che risiede la mia anima.
E la mia anima è la stessa anima che chiamiamo Dio, la parte divina dell’universo, quella che ci ama incondizionatamente e che ci vuole felici.
Quella parte, quel Dio, risiede in ognuno di noi.
Solo che ce lo siamo dimenticati e la teniamo costantemente addormentata, come fossimo sordi e ciechi alla sua voce, che è la nostra voce interiore, e alle sue manifestazioni e visioni.
La pace è dentro di noi, non possiamo cercarla fuori.
La luce è dentro di noi. Così pure la gioia, la benevolenza e tutte le qualità dell’anima che nella tradizione induista prendono il nome di Dharma.
In ultimo, Dio è in ciascuno di noi. Non possiamo continuare a sentirlo separato da noi, fuori da noi, in un tempio. Possiamo invece sentirlo dentro di noi e dentro al cuore di ciascuna persona, perché tutto è uno e nell’uno è il tutto.
Ringrazio il Maestro e gli ashramiti per aver generosamente costruito un tempio che null’altro vuol essere che un invito e un aiuto a guardarci dentro, a riconnetterci con la fonte primaria, che è dentro di noi, di Luce, di Pace, di Amore Incondizionato, di Dharma.
È su questa basi che voglio tornare a vivere.
Grazie.
Ciascun essere umano è un tempio!
Aom Shanti, Shanti, Shanti.